Nazionalbolscevismo. Piccola storia del rossobrunismo

Chemnitz, 2019. L’enorme statua di 13 metri per 40 tonnellate raffigurante il viso di Karl Marx troneggia in una strada nel centro dell’ex Karl-Marx Stadt. Solo un anno fa qui alcune migliaia di neonazisti srotolavano striscioni, sventolavano bandiere e lanciavano cori da stadio. Nulla di strano, da qualche tempo per la destra radicale è normale darsi appuntamento a Chemnitz proprio sotto l’effige dell’autore del Capitale. La scena è solo una delle tante, eclatanti e forse surreali espressioni di quella confusa miscela tra simboli di destra e sinistra che gli osservatori chiamano da alcuni anni “rossobrunismo”, ora minaccia dell’incontro tra opposti estremismi, ora facile accusa per denigrare gli avversari politici. Dietro a una parola dai mille (ab)usi, c’è però una lunga storia carsica di movimenti, circoli, gruppi e giornali che affonda le proprie radici nelle conseguenze dei due eventi che hanno plasmato il Novecento: la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa. Questo libro ripercorre la storia e il pensiero politico del nazionalbolscevismo dalla prima, fallimentare democrazia tedesca ai nazimaoisti degli anni Sessanta/Settanta, dall’ecologismo razzista degli anni Ottanta al nazionalcomunismo teorizzato nel decennio successivo come antidoto e alternativa al cosiddetto villaggio globale. Vicende ancora poco conosciute nella loro complessità che ribollono tra le pieghe degli eventi, tra gli incontri e le interazioni tra la classe e la nazione, tra il socialismo e il nazionalismo, nel tentativo sempre fallito ma sempre rinnovato di andare oltre la destra e la sinistra, verso una nuova sintesi autoritaria per un’Eurasia unita.